Emergenza sanitaria coronavirus: Violazione delle misure urgenti e conseguenze penali
14 Marzo 2020
Emergenza sanitaria coronavirus
Violazione delle “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” e conseguenze penali*
Scopo del presente contributo scientifico è quello di fornire una lettura sistematica delle norme di carattere penale interessate dai recenti provvedimenti governativi emanati in tema di contrasto alla diffusione del contagio da “Coronavirus” e di orientare gli operatori del diritto e i comuni cittadini sulle possibili conseguenze penali.
La trattazione prenderà dunque le mosse da un’analisi sommaria delle fattispecie di reato che possono essere astrattamente integrate a causa (o anche a causa) della violazione delle disposizioni normative da poco introdotte.
Una premessa, tuttavia, si impone: l’intensità della produzione normativa ed il rapido susseguirsi di interventi legislativi adottati in rapida successione ed in condizioni di assoluta e straordinaria emergenza suggeriscono di raccomandare all’interprete una particolare prudenza ermeneutica, rifuggendo stereotipi o interpretazioni semplicistiche che mal si conciliano con la complessità fenomenica con la quale si è chiamati a confrontarsi.
Dunque, ai fini del presente contributo l’analisi non può che muovere dal Decreto Legge n. 6 del 23/02/2020, il quale ha per l’appunto introdotto “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” (20G00020) (GU Serie Generale n.45 del 23-02-2020).
Il riferimento è all’art. 3, comma 4 D.L. citato, che così dispone: “[…] Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale”.
Tale previsione normativa risulta immodificata e richiamata nei successivi D.P.C.M. dell’8/03/2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19) e dell’11/03/2020 (D.P.C.M. G.U. n. 64 dell’11/03/2020).
– La norma in commento rinvia alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 650 c.p., rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” che così dispone: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, salvo il fatto non costituisca un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a € 206“.
É evidente che l’emergenza innescata dal concreto pericolo di una massiva diffusione del contagio da “Coronavirus” comporti il soddisfacimento di una preminente esigenza di tutela per la salute pubblica; motivo per cui sono perseguibili tutte le condotte che, contravvenendo alle specifiche misure imposte dai decreti sopra menzionati, aumentino in concreto il rischio di diffusione della malattia.
A tanto si aggiunga che l’art. 3, comma 4, D.M. 6/2020, ricalcando la formulazione dell’art. 650 c.p., reca in apertura una clausola di salvaguardia, valida per l’ipotesi in cui le violazioni in oggetto integrino diversi e ben più gravi reati, come tali assorbenti rispetto ad una mera inosservanza alle prescrizioni comportamentali imposte, e fatte in ogni caso salve le ipotesi di più reati concorrenti tra loro.
– in via esemplificativa, un reato più grave astrattamente configurabile potrebbe essere quello di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 c.p. e punito con la reclusione fino a cinque anni, e che potrà ritenersi configurato allorquando taluno, nell’atto di sottrarsi ad un controllo di polizia teso alla verifica del rispetto delle misure di contenimento, reagisca con violenza o minaccia (es. controllo sullo spostamento effettuato sul territorio, controllo sull’esercizio commerciale risultato aperto);
– altra fattispecie criminosa più grave, in cui potrà incorrere colui il quale, non sapendo di essere positivo al virus, non dovesse rispettare le prescrizioni imposte e dovesse cagionare – secondo un percorso causale accertato- il contagio di un numero indeterminato di persone (dando luogo ad una diffusione incontrollabile del contagio per un periodo di tempo limitato) sarà quella prevista e punita dall’art. 452 c.p. “Delitti colposi contro la salute pubblica” in relazione all’art. 438 c.p., per effetto del quale è comminata la pena della reclusione fino a 5 anni per chiunque cagioni un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni (secondo la giurisprudenza più recente infatti il reato si configura anche nel caso in cui il soggetto infetto utilizzi la propria persona per la diffusione).
Qualora tale condotta sia posta in essere da un soggetto che, consapevole della propria positività, diffonda volontariamente e diffusamente il virus, il medesimo potrà essere chiamato a rispondere, al ricorrere nel caso concreto di tutti i gli elementi, di epidemia dolosa ex art. 438 c.p. punita con la pena dell’ergastolo.
– Invece a colui che, non rispettando le prescrizioni, dovesse contagiare un numero limitato e determinato di persone, e sempre che venga provato il nesso causale fra la condotta e l’evento lesivo, potranno essere contestati i delitti di lesioni personali ex artt. 582 e ss.c.p., e precisamente: di lesioni colpose – per chi trascurando i propri sintomi e senza avere la consapevolezza della positività tenga condotte in violazione delle prescrizioni, ovvero di lesioni dolose per chi agisca coscientemente in qualità di “untore” con pene che nel caso di aggravanti potranno arrivare fino a 12 anni di reclusione. Nel caso in cui invece, dal contagio avvenuto nei termini anzi descritti, dovesse derivare la morte, la pena prevista sarà, nell’ipotesi più grave di omicidio volontario, la reclusione non inferiore ad anni 21 ex art. 585 c.p.
– A tal proposito, una particolare attenzione è richiesta anche per i datori di lavoro, ed in particolare per l’ipotesi in cui dovessero continuare l’attività nella vigenza delle norme emergenziali e non predisponessero, per i loro dipendenti, tutte le misure di prevenzione e protezione previste per evitare il contagio.
Nel caso di inottemperanza, infatti, potranno essere chiamati a rispondere della semplice inosservanza dell’ordine dell’autorità di cui si è già detto nel caso in cui non si verificassero contagi (art. 650 c.p.), ovvero del più grave reato di lesioni in caso di contagio e finanche di omicidio colposo, nel caso in cui dal contagio dovesse derivare la morte.
Si evidenzia inoltre come i reati di omicidio colposo e di lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro rientrano nell’elenco dei reati presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex art. 25 septies D.lgs. 231/2001: ne discende il potenziale rischio di una contestazione a carico dell’ente – con l’applicazione di gravissime sanzioni pecuniarie e interdittive – e la conseguente esigenza che le aziende si dotino di procedure interne idonee ed efficaci a tutela della salute dei dipendenti.
– Un’ ipotesi di reato configurabile in via concorrente all’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità è quella sanzionata con la pena della reclusione fino a due anni all’art. 483 c.p., rubricato “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”, in cui il soggetto può incorrere quando all’atto di un controllo di Polizia e richiesto di autocertificare (attraverso moduli predisposti dalla P.A.) la ragione del proprio allontanamento da casa, dichiari il falso attestando una comprovata esigenza non corrispondente al vero (l’autocertificazione, ai fini del reato che ci occupa, è infatti equiparata dalla giurisprudenza, all’atto pubblico).
– È doveroso evidenziare come lo stesso modulo di autocertificazione richiami testualmente la diversa fattispecie di cui all’art. 495 c.p. che prevede il delitto di “Falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” comminando la pena della reclusione fino a 6 anni.
Tale figura delittuosa si distingue dall’art. 483 c.p. in quanto volta a punire la condotta di chi all’atto dell’autocertificazione rilasci false generalità al pubblico ufficiale.
– La condotta di colui che istiga pubblicamente all’inosservanza delle misure precauzionali imposte dai decreti ministeriali, anche consumata attraverso la condivisione di messaggi o post su piattaforme social (es. Facebook), integra gli estremi del delitto di “Istigazione a delinquere” di cui all’art. 414 c.p.
Nello specifico e per quello che interessa la presente trattazione, colui che induca altri a violare le misure comportamentali imposte (per la cui individuazione si rimanda ai decaloghi diffusi dal Ministero dell’Interno e dagli altri Enti Istituzionali) potrà essere punito con la pena dellareclusione fino ad un anno, ovvero con la multa sino a € 206,00; la pena potrà essere aumentata ove il fatto sia realizzato mediante l’uso di strumenti informatici o telematici.
– Un’ulteriore considerazione s’impone a fronte dell’allarmante e deprecabile tendenza di divulgare pubblicamente dichiarazioni, comunicati, fake news in genere, tendenti a diffondere notizie “…false, esagerate o tendenziose..”, tali da ingenerare ulteriori timori nella popolazione e “…turbare l’ordine pubblico…”.
Tale condotta è punita in forza dell’art. 656 c.p. rubricato “Pubblicazione e diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico” con la pena dell’arresto fino a tre mesi, o con l’ammenda fino a € 309,00, salvo che il fatto costituisca più grave reato.
Come si è osservato in premessa, scopo del presente contributo è quello di fornire uno strumento meramente orientativo, sia per gli operatori del diritto che per i comuni cittadini.
La raccomandazione che si intende in particolare rivolgere a questi ultimi è quella di affidarsi, qualora vi sia la necessità di ricevere chiarimenti o assistenza giuridica per uno specifico caso concreto, al proprio avvocato, diffidando dei suggerimenti standardizzati o delle discutibili consulenze on line finalizzate per lo più ad un indiscriminato accaparramento di clientela.
Soprattutto, si raccomanda di rispettare la Legge, attenendosi scrupolosamente all’osservanza di tutte le prescrizioni e le restrizioni eccezionalmente imposte alle nostre libertà, in quanto assolutamente indispensabili per la salvaguardia di un bene supremo, quale è quello della salute pubblica.
*Contributo a cura dei dipartimenti di diritto penale e di procedura penale della Fondazione AIGA Tommaso Bucciarelli e a firma degli avvocati Elisa Davanzo, Salvatore Celso, Manuela Martinangeli e Domenico Attanasi.
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